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lunedì 18 aprile 2011

Habemus papam: la chiave è nel “ribaltamento”.


Parliamo dell’ultimo film di Nanni Moretti, Habemus papam, pellicola che ha subito un grande merito: far discutere di cinema o se preferite, del cinema italiano. Quanti saranno infatti i film italiani di questa stagione che (non) passeranno alla storia senza nemmeno un filo di agognato critico dibattito, di scontro pro e contro, insomma, senza lasciare un segno degno di nota? Tutti ! Si, forse proprio tutti, se escludiamo Il Gioiellino, su cui probabilmente si tornerà a paralare tra un po’ di anni. A meno che, qualcuno non mi indichi, tra le scialbissime italiche pellicole fotocopia della stagione 2010 – 2011, qualcuna meritevole di citazione. Io ci provo da qualche settimana, ahimè senza successo. E allora ben venga “Habemus papam” (seppur un po’ lento e narcisista), ben venga Nanni Moretti, che, ci piaccia o no, il suo mestiere di narratore lo sa ancora fare. Come sempre infatti, anche questa volta, il film è stato preceduto da attese (ed è già un successo, no?) cariche di aspettative e pre-giudizi tipiche delle opere dei grandi autori, sostenute ovviamente dal tema e dal titolo che, lo anticipiamo, non tocca nemmeno marginalmente la personalità dell’attuale pontefice tedesco. Il tema del film, che gioca attorno alla vita degli alti prelati all’interno delle mura vaticane, è semmai il “ribaltamento”:

-il ribaltamento delle aspirazioni umane di un vescovo francese (interpretato dal bravissimo Michel Piccoli) che da grande avrebbe voluto fare l’attore teatrale ma che alla fine sarà eletto papa;

-il ribaltamento della reputazione di uno psicologo (interpretato da Nanni Moretti) che chiamato in qualità di miglior terapeuta sulla piazza, a curare la depressione del neo eletto pontefice, si vede a sua insaputa scavalcato dalla ex moglie (Margherita Buy), anch’essa psicologa;

-il ribaltamento del rigido cerimoniale dell’elezione del papa, mandato in fumo dalla debolezza umana del neo eletto;

-il ribaltamento del severo “modus vivendi” dei vescovi, nel film terribilmente “umani” e terribilmente disinteressati ad oneri e (soprattutto) onori legati alla carica di successore di Pietro; vescovi-uomini che nell’attesa che il conclave si chiuda, giocano a scopone, compongono un puzzle, discutono di tranquillanti per dormire o (colpo di genio di Moretti) si azzuffano in un torneo di pallavolo, stratagemma inventato dallo psicologo “ufficiale” del papa per distrarre i convenuti e comunicare forza e coraggio al depresso neo eletto;

-il ribaltamento del lieto fine che non anticipiamo però.

Ribaltamento dunque. Chissà, forse era questo uno degli intenti di Moretti che, questa volta, come avrete capito, non lancia invettive a caimani o parlamentari inefficienti, ma senza che in fondo il messaggio cambi. Sullo sfondo del film infatti, il richiamo costante alla ricerca di un mondo e di una esistenza “altre da questa”, un’esistenza che ha bisogno più che di un papa, di un ossigenante cambiamento. E allora non a caso, la ciliegina Todo cambia di Mercedes Sosa, “colonna sonora” e manifesto della bella, ultima curiosa pellicola di Moretti.

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